Onorevoli Colleghi! - In base alla tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti, di cui al decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario n. 43 alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, la «trisomia 21» viene valutata con una percentuale d'invalidità del 75 per cento, mentre la «trisomia 21 con grave ritardo mentale» viene valutata con una percentuale d'invalidità del 100 per cento. Per i minori il riconoscimento delle «difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età» (dicitura che equivale al 75 per cento d'invalidità) dà diritto a percepire l'indennità di frequenza; il riconoscimento del «100 per cento di inabilità lavorativa con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita», dà diritto a percepire l'indennità di accompagnamento.
      Queste due provvidenze sono evidentemente alternative l'una all'altra. L'incompatibilità è del resto specificata nella stessa legge istitutiva dell'indennità di frequenza, la legge n. 289 del 1990, all'articolo 3.
      Per i soggetti maggiorenni, il riconoscimento della «riduzione permanente della capacità lavorativa in misura superiore ai 2/3», cioè tra il 75 per cento e il 99 per cento, dà diritto a percepire l'assegno mensile; il riconoscimento della «totale inabilità lavorativa: 100 per cento» dà diritto a percepire la pensione di inabilità; il riconoscimento del «100 per cento di inabilità lavorativa con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di

 

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compiere gli atti quotidiani della vita», dà diritto a percepire la pensione di inabilità e l'indennità di accompagnamento.
      Per i soggetti maggiorenni è quindi possibile percepire o solo l'assegno mensile, o solo la pensione o la pensione e l'indennità di accompagnamento.
      Negli ultimi anni le commissioni mediche delle aziende sanitarie locali riconoscono con molta moderazione e con grande variabilità il diritto all'indennità di accompagnamento alle persone con sindrome di Down o «trisomia 21»; ciò è dovuto spesso alla difficoltà che i membri delle stesse commissioni incontrano nell'interpretazione dei concetti di «autosufficienza» e di «assistenza continua».
      Attualmente, ai figli affetti da sindrome di Down di un lavoratore deceduto spetta la pensione di reversibilità. Quando i figli sono minori la pensione di reversibilità è sempre riconosciuta; nel caso di figli maggiorenni sono introdotti alcuni requisiti: fino a ventuno anni di età la reversibilità è concessa, purché essi siano studenti di scuola secondaria di primo grado o professionale; fino a ventisei anni di età la reversibilità è concessa, purché essi siano studenti universitari; la reversibilità è inoltre riconosciuta senza limite di età ai soggetti riconosciuti «inabili al lavoro», ai sensi della legge n. 222 del 1984, da un medico dell'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
      La delibera dell'INPS n. 178 del 2000 ha stabilito di adottare per l'erogazione della pensione di reversibilità ai figli riconosciuti inabili lo stesso criterio indicato per il riconoscimento del diritto alla pensione per gli invalidi.
      Per coloro che sono riconosciuti inabili ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 222 del 1984 tale limite è aumentato dall'importo dell'indennità di accompagnamento, (limite di reddito di 13.430,78 euro per l'anno 2004).
      I problemi pratici ed economici sono moltissimi e la volontà di rispondere in modo più appropriato ai bisogni dei cittadini è, dunque, il principale fattore che ha giustificato la presentazione di questa, proposta di legge.
      All'articolo 1 si riconosce il diritto delle persone affette dalla sindrome di Down o «trisomia 21» all'indennità di accompagnamento sin dalla nascita.
      L'articolo 2 riconosce il diritto delle medesime persone alla pensione di reversibilità, anche se abili al lavoro, purché aventi un reddito non superiore a 13.430,78 euro.
 

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